La seconda puntata del mio viaggio nei consultori del Lazio mi porta fuori Roma, ad Ariccia, Asl Roma H.
E’ un venerdì mattina e pur dovendo raggiungere i Castelli Romani penso che non avrò troppi problemi di traffico: sono “contro corrente”, alle otto del mattino la gente si sposta verso la città, e non viceversa. E invece il tragitto tra Roma e Ariccia è pieno di semafori, strettoie e rallentamenti… insomma una specie di via crucis.
Così inconsapevolmente entro in contatto con uno dei problemi che poi mi verranno presentati come caratteristici dei consultori di quel distretto: la grande dispersione territoriale (si va dai Castelli giù fino a Lanuvio, e poi Pomezia, Ardea, Anzio e Nettuno).
Comunque alle 8.40 arrivo di fronte all’edificio del consultorio, appena dopo la piazza centrale del Comune, appena sopra la strada delle famose fraschette!
Carla Oliva, ostetrica e coordinatrice, è giustamente innervosita da quei dieci minuti di ritardo. Tempo prezioso, per chi in un’unica mattinata deve fare diecimila cose: avviare i lavori del consultorio, partecipare al convegno delle mamme della Goccia magica, anche ricevere una consigliera regionale!
Comunque entro, e la prima occhiata è inondata dai colori della bellissima porta a vetri che da il benvenuto a chi accede nei locali del consultorio. Locali dai colori tenui, dai muri puliti. Di nuovo, al netto delle poche risorse investite negli anni in queste importantissime strutture, mi trovo dinanzi a un posto tenuto con cura e rispetto: perché non si possono accogliere le persone in luoghi grigi e malandati.
Quando entro e passo il vetro dell’accettazione ho come la sensazione che il consultorio sia vuoto o quasi. Forse è troppo presto, penso. Ma è tutt’altro che così!
In realtà stavano aspettandomi, e così in un attimo vengo circondata dai saluti gentili e sorridenti del direttore del distretto, del ginecologo, delle altre ostetriche, della psicologa. E delle mamme, tutte giovanissime, che sono ad Ariccia chi per una visita per sé chi per il proprio bambino, chi appositamente per raccontarmi della propria esperienza con i consultori.
Insomma un’accoglienza calda e piena di voglia di dire, che trova in breve la forma di una conversazione larga, distesa, seduti in tondo nella bella sala per la preparazione al parto.
La prima a prendere la parola è la piccola ed energica ostetrica Carla Oliva. Snocciola numeri e riferimenti legislativi a memoria, si capisce che è l’ennesima volta che si ritrova a raccontare quante cose fa un consultorio, e con quante poche risorse.
Prima di tutto però cita l’indagine conoscitiva dell’Istituto Superiore di Sanità che ha certificato come a maggior ricorso ai consultori corrisponda una maggiore salute della donna. Quindi snocciola il rosario delle mancanze: nella Asl Roma H sono aperte 17 sedi consultoriali, anziché le 26 previste. In queste 17 strutture lavorano 15 ostetriche (operative 10, ma quelle previste in organico dal decreto Zingarette sarebbero 52!). Numeri evidentemente da incubo, che se calate nella cronaca del blocco del turn-over diventano una condanna all’estinzione: a Lanuvio l’unica ostetrica è andata in pensione, a Pomezia in maternità. Entrambe non sostituite. Come fate? Chiedo a Carla. Facciamo una specie di “caccia all’ostetrica”, mi risponde lei. Altro che coperta corta, insomma. Tappare i buchi è per il personale dei consultori sempre più difficile, alla faccia dell’equipe completa prevista dalla legge.
A questo punto si inserisce la voce del dirigente della Asl e direttore del distretto dottor Vassallo, che punteggerà interamente la mia visita al consultorio di Ariccia. La soddisfazione c’è, mi dice, ma il sistema è debole: negli ultimi dieci anni abbiamo visto un calo del personale del 60%, e per i consultori la continuità delle risorse umane è invece fondamentale. Parla, il dottor Vassallo, di un territorio che negli anni ha visto gli investimenti sulla sanità ospedaliera fare la parte del leone rispetto a quelli sulla sanità territoriale. Parla, amareggiato Vassallo, di “territorio mortificato”.
Chi appare molto più combattivo che mortificato durante il nostro incontro è invece il dottor Roberto Sobrino, ginecologo. E’ un fiume in piena, una bomba di energia in camice bianco. In una valanga di parole infila una dietro l’altra frasi come: trentotto anni fa è stata fatta una cosa molto importante con la legge sui consultori, invece che chiuderli bisognerebbe aprirli, sono strutture stra-importanti, W il consultorio e W la salute della donna, perché dalla salute della donna dipende quella della famiglia e da quest’ultima quella della comunità.
A un certo punto glielo dico: ma lei è un manifesto ambulante pro-consultori! Certo che sì, mi dice Sobrino, ginecologo ad Ariccia da 14 anni, ancora capace di emozionarsi nel raccontare che proprio ieri una donna in cura con lui è passata da un percorso 194 a un percorso nascita. La parola chiave è prevenzione, come sempre. Dice il ginecologo: noi facciamo il lavoro “pulito”, lo chiama così, ma anche il lavoro “sporco” come per la diagnosi del tumore alla mammella, quello del collo dell’utero. Vite di donne salvate, da un lavoro vero di sanità pubblica.
Mentre Sobrino parla nella stanza continuiamo ad aggiungere sedie.
Arriva la psicologa volontaria, che va a sedersi accanto all’ostetrica volontaria (da sei anni!). Volontariato, nelle strutture pubbliche della sanità del Lazio. Animate da personale che ci crede davvero al lavoro che fa.